| Visto che ci sono altri interventi, credo sia arrivato il momento di postare il 5 e 6 capitolo. Vi ringrazio in anticipo per i vostri consigli e vi auguro un sereno Natale.
Capitolo 5
Ankara. Turchia. Appartamento del Ministro Ulubelen a. D. 2000. Aprile.
Akim Ulubelen era immerso nella lettura di un giornale. Politica interna, interviste. Di tanto in tanto sollevava il viso e gettava brevi occhiate allo schermo. Notizie economiche, avvenimenti di cronaca. Il suo cervello si divideva equamente tra ciò che leggeva e ciò che vedeva e sentiva.
“…Apprendiamo che un terremoto ha colpito questa mattina, alle nove ora locale, la zona attorno a Baghdad. Il Presidente Iracheno, in un discorso trasmesso dalle reti televisive di Stato, ha tuttavia negato la circostanza ed ha rassicurato la popolazione, sostenendo di avere il pieno controllo della situazione. La magnitudo della forza distruttiva, rilevata dai nostri sismografi, ha raggiunto il sesto grado della scala Richter. La Croce Rossa Internazionale, la Mezzaluna Rossa e l’Associazione Medici Senza Frontiere si sono offerti di inviare aiuti, medicinali e viveri. L’offerta è stata declinata…”
Ulubelen s’irrigidì e lasciò cadere il giornale, che planò sul pavimento. Ma l’inquadratura era già cambiata. Ora stavano trasmettendo le previsioni del tempo. Il ministro era sulle spine. Da quando Tarsim gli aveva fatto pervenire il messaggio stava cercando il modo di inviare un suo agente a Baghdad, ma tutti i suoi tentativi erano falliti. L’Iraq, per un motivo o per l’altro, gli era precluso. Imprecò silenziosamente. Quel pazzo sanguinario che avevano come vicino si era messo in testa di gestire lo Stato come se fosse un suo feudo privato. Non concedeva visti di ingresso, a meno che non si parlasse di denaro. Ma il governo turco non gli avrebbe concesso dei fondi senza la sicurezza di ricavare un utile. E lui non poteva fornire quelle certezze. Come alternativa poteva mandarci qualcuno da privato cittadino, ma il fatto avrebbe sollevato una ridda di pettegolezzi. Domande e scartoffie a non finire. Perchè ci andava, quanto intendeva fermarsi... No. Non avrebbe mai potuto trovare ciò che cercava agendo alla luce del sole. Il clamore pubblicitario era fuori questione. Troppo grossa la posta in palio. Afferrò il telecomando e cambiò canale. Le varie programmazioni erano rigorosamente rispettate. Un film alquanto datato, un documentario sulle abitudini dei serpenti africani, un musical, l’immancabile dibattito politico. Nessuno di quei giornalisti pareva preoccuparsi di fornire notizie più dettagliate sul terremoto. Maledizione a quelle menti ottuse! Scagliando il telecomando sul divano, e soffocando un’imprecazione, afferrò il cordless. Digitò un numero. «Hallo?» «Atila? Sono Akim» All’altro capo del filo si udì una breve risata. Atila Amman, Ministro della Sanità, suo amico di lunga data, e compagno di partito politico, era sempre stata una persona aperta e gioviale. La roca risata di gola, che conosceva tanto bene, lo rinfrancò immediatamente. «Ti ho disturbato? » Si sincerò Ulubelen La risata divenne più aperta. «Non mi hai disturbato affatto, amico, anche se, forse, non hai guardato l’orologio, prima di chiamarmi.» Ulubelen gettò una breve occhiata alla sua pendola inglese. Segnava le ventidue. In effetti era un po’ tardi. «Scusa, non avevo fatto caso all’ora» «Scusato, comunque non sentirti in colpa.» «Cercherò di non avere rimorsi» borbottò Ulubelen. «E io ti aiuterò a non averne. Non ero ancora a letto, se è questo che temevi. Stavo giusto aspettando un diversivo. Comunque, che volevi?» «Stavo ascoltando le ultime notizie…» «Ebbene?» «Pare che ci sia stato un terremoto in Iraq.» «Ah, sì. L’ho appena sentito. Non è una zona sismica e la scossa, per fortuna, non è stata neppure eccessivamente forte. Perché ti interessa?» Seguì un istante di silenzio. Ulubelen si morse le labbra. Doveva stare molto attento a non lasciarsi sfuggire nulla di compromettente. D’altra parte, che cosa avrebbe potuto dire? Che si stava muovendo sulle tracce di qualcosa che avrebbe potuto distruggere il mondo intero? Come minimo il suo amico lo avrebbe fatto internare. E, se ci avesse creduto, sarebbe stato anche peggio. Fortunatamente, Atila non ritenne opportuno infierire. «Be’. Lasciamo perdere i tuoi misteri, non li voglio conoscere. Torniamo al tuo problema.» «Avrei bisogno di inviare qualcuno in Iraq.» spiegò alla fine Ulubelen . «Non mi sembra una buona idea.» «Lo so, ma devo.» «E con che scusa?» Atila Amman era perplesso «Approfittando di questo sisma, naturalmente. Conosciamo benissimo le condizioni di quel paese.» «Non ti seguo» «Maledizione, fai uno sforzo di fantasia. I nostri vicini avranno bisogno di medici, di aiuti, di qualche cosa, insomma. Potremmo farci avanti noi e, con il tuo appoggio, potrei infiltrare in Iraq qualcuno, in fin dei conti sei il Ministro della Sanità e...» Il suo interlocutore non lo lasciò terminare. «Impossibile. Primo: il presidente iracheno ha negato perfino che il terremoto si è verificato. Secondo: in conformità a questa posizione, si rifiuterà di accettare aiuto da chicchessia e, conoscendo il tipo, è anche prevedibile. Terzo: se anche, per puro miracolo, si decidesse ad ammettere di avere qualche problema e accettasse di aprire le frontiere, non crederai che possa spedirci chiunque mi passi per la testa, vero?» «Eppure....» «Akim » lo pregò l’amico. «Lascia perdere. Sai che polverone, se si venisse a scoprire che abbiamo inviato un agente in incognito? Complicazioni internazionali e il governo tacciato di spionaggio. Ma chi te lo fa fare?» «Eppure…» insistette Ulubelen «Eppure niente. Dammi retta. A meno di un miracolo, abbiamo le mani legate.» «Hai ragione» sospirò Ulubelen. «Ma la mia idea non era tanto male.» «Forse no» concordò l’amico. «Ma è irrealizzabile. E continuo a chiedermi perché proprio l’Iraq.» «Atila, ti prego, non insistere. Non te lo posso dire.» «Va bene, va bene» una nuova risata. «Non scaldarti tanto. Adesso però devo chiudere. Domani mi aspetta una giornata piuttosto pesante. E, ascolta il mio consiglio, non perderci il sonno.» Un clik segnalò al ministro che la conversazione era stata troncata. Di malavoglia posò il cordless sul ripiano del tavolino. Inviare nel paese confinante un suo agente stava diventando una questione di importanza vitale, ma come fare? Si adagiò mollemente sui cuscini di raso, rilassandosi. Chiuse gli occhi. Il giornale continuò a restare a terra «Ci vorrebbe un miracolo…» borbottò.
Qualche settimana dopo Atila Amann ricevette una bizzarra richiesta d’aiuto. Il Rais di Baghdad richiedeva alla vicina Turchia, in nome di una fantomatica Grande Alleanza Islamica, l’invio d’aiuti umanitari in soccorso al glorioso popolo iracheno, duramente colpito dalle forze della natura; anche se, poche righe dopo, si chiariva che la popolazione era in grado di far fronte autonomamente ad ogni emergenza. Scorrendo velocemente il testo del messaggio, Amann sorrise tra sé. Sapeva che quell’inaspettata notizia avrebbe fatto molto piacere al suo amico Akim…
Capitolo 6
Ankara. Turchia. Sede del Ministero. a. D. 2000. Maggio.
Il dottor Yetkin, medico chirurgo dell’ospedale di Ankara, si stava preparando a partire. Destinazione vicinanze di Baghdad. Un ordine diretto di Akim Ulubelen non poteva essere rifiutato. E non lo avrebbe neppure voluto. Era un medico e salvare vite umane faceva parte dei suoi doveri ma, in lui, la passione per l’archeologia superava, quasi, la sua dedizione alla scienza di Ippocrate. E da quel punto di vista, L’iraq era una vera miniera. Mentre riempiva una valigia con pochi effetti personali, il giovane ripensò al colloquio avuto con il potente ministro.
«Si accomodi, dottore.» Lo studio in cui fu introdotto era lussuoso e i quadri che pendevano dalle pareti, in un disordine calcolato, sembravano essere dei pezzi unici e di grande valore. «Dottore?» «Mi scusi, signore» si giustificò Selim «mi sono incantato ad ammirare i quadri» Dal sorriso di cui fu gratificato, comprese di aver colpito nel segno. «Mi congratulo» fu la compiaciuta riposta. «Devo ritenere che è anche un esperto d’arte?» «Anche», confermò Selim, «ma sono anzitutto un medico», aggiunse, ad ogni buon conto. «Ha ragione di ricordarmelo. Ed è proprio come medico che l’ho fatta chiamare.» Il colloquio si manteneva sul vago. Qualcosa bolliva in pentola, si convinse Selim. «L’ascolto» rispose pertanto, mettendosi a sedere. «Dovrebbe partire al più presto per una missione.» «Come medico o come archeologo?» «Entrambi.» «E dove dovrei andare?» «Ha saputo del terremoto?» cambiò improvvisamente discorso il ministro «Quello che ha recentemente colpito l’Iraq? L’ho saputo.» «E sa anche che il presidente iracheno ci ha chiesto aiuto?» L’espressione di meraviglia di Yetkin fu più eloquente di mille discorsi «Da quanto ne so, per gli iracheni quel terremoto non è mai avvenuto.» «Questo era ciò che il presidente Saddam ha sostenuto fino a due giorni fa, ma ora pare aver cambiato idea...» con un gesto della mano, Ulubelen tacitò Selim che sembrava intenzionato a ribattere e lo anticipò. «Pare che si sia diffusa un’epidemia che sta decimando i militari. Il malcontento cresce e Saddam non se lo può premettere.» «Be’, se c’è di mezzo l’esercito, la prospettiva cambia.» Ulubelen tamburellava con l’indice il ripiano di marmo della sua scrivania. Ci fu un istante di imbarazzato silenzio. Yetkin sorrise, senza darlo a vedere. Ulubelen aveva in mente qualcosa, adesso ne era assolutamente sicuro. Qualcosa che non c’entrava per niente con la medicina. Decise di prenderla alla larga. «Se anche Saddam vuole il nostro aiuto, perché accettare? A noi potrebbe far comodo un cambio di regime» azzardò. «Sì, potrebbe farci comodo, ma non abbiamo scelta. Dobbiamo aiutarli.» Ulbelen si accomodò meglio sulla poltrona. «Non starò a spiegarle i motivi diplomatici che ci stanno sotto; sarebbe troppo lungo; quello che deve sapere è che partirà al più presto per l’Iraq con un convoglio della Mezzaluna Rossa.» Selim Yetkin continuò a tacere. Il ministro riprese: «Ed ora le dirò quello che mi aspetto da lei. Senza trascurare l’aspetto medico, che sarà un’ottima copertura, lei dovrà ritrovare un’antica tomba.» «Naturalmente senza che nessuno lo sappia.» Tirò ad indovinare Selim. «Naturalmente.» confermò il ministro. «È una questione di importanza vitale.» «Per chi?» Ulubelen fece spallucce «Per tutto il mondo, a quanto ne so.». «La tomba di chi dovrei trovare?» «Di un certo Aslan Oman Bey. Detto anche il Dormiente. Lo hai mai sentito nominare?» Selim rifletté in silenzio per qualche secondo. Poi guardò il suo interlocutore diritto negli occhi. «Io no. Ma qualcun altro sì.» «Ovvero?» «Ho saputo per caso di una giovane storica che, da anni, si ostina a sostenere che un certo Aslan Oman Bey sia stato uno dei visir del Conquistatore.» Ulubelen trasalì visibilmente. «E chi sarebbe questa ragazza? Che cosa sa in proposito?». «Questo non glielo so dire. Tutti ritengono che il suo convincimento sia una bufala. Nessuno l’ha mai presa sul serio, la credono un po’ matta. Le dirò di più: lavorava all’Università ma ha persino perso il posto di lavoro, per la sua ostinazione.» Ulubelen si agitò. «Questa è una complicazione in più. Dottore, il nome di Aslan Oman Bey non deve assolutamente circolare. Quella ragazza deve essere tacitata.» «Abbiamo solo due alternative per chiuderle la bocca» propose Selim. «O la facciamo fuori oppure la coinvolgiamo nella ricerca.» «Ma la missione deve restare segreta...» «E lo sarà. Ma dovete lasciarmi carta bianca. Quella fanciulla sta tempestando da mesi tutti gli archeologi del paese, sperando di trovare qualcuno disposto ad ascoltarla. E se lei non vuole che qualcuno prima o poi, le dia retta…» Yetkin fece una smorfia divertita. «Che cosa propone?» «La convinca a partire con me. Starà fuori dai piedi e potrebbe aiutarmi. Deve saperne molto sull’argomento. » Il ministro ponderò la questione qualche secondo. «Va bene, se mi promette di rivelarle il minimo indispensabile, le concederò quello che mi ha chiesto. Tutta la faccenda è troppo importante per farmi fuorviare da stupide considerazioni, e chiunque può aiutarmi nella ricerca, sarà ben accetto. Mi lasci il nome della ragazza, provvederò a contattarla io stesso.» Selim si alzò per prendere congedo. «Ci sarebbe ancora un piccolo dettaglio.» Lo bloccò il ministro «Dica» «Non si faccia scoprire, cerchi di tornare vivo e vegeto e, soprattutto, non torni a mani vuote» «Farò il possibile per non deluderla»
|