DOCkS della Bloody Roses Secret Society

Il Secondo Avvento

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claudio7
view post Posted on 28/12/2010, 13:53




Ah, hai postato ancora altri due capitoli. Li ho visti solo ora, forse io stavo lavorando sui primi quattro nel frattempo. Va bene. Appena posso rovisto anche tra questi, ma mi sa che aspetto che li modifichi secondo i suggerimenti dati dagli altri utenti. Ce ne sono di molto centrati.
 
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mandar
view post Posted on 28/12/2010, 18:43




Capitolo 5: nessun evidente problema formale, ma ho una perplessità. Akim dice che il governo non gi darebbe i soldi per corrompere qualcuno in modo da far entrare sue spie in Iraq. Ok, ma secondo me Akim è in grado di autofinanziarsi, visto che ci tiene tanto. Poi, il suo collega dice Sei che figura se ci scoprono? questa secondo me non va. sai che gli frega della figura internazionale? e la stporia racconta che in certi posti le spie c'erano. Magari puoi dire che è diventato più difficile mandare qualcuno, che si sono fatti ancora più stretti i controlli alal frontiera, cosa così.


capitolo 6: vorrei una descrizione del medico: quel "il giovane" messo a fine paragrafo è un po' appiccicato. Visto che secondo me è uno dei protagonisti, faccelo vedere un po'.
"o la ammazziamo o la coinvolgiamo": alla faccia del medico! :D è un po' brutale, non credi?
 
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arabafelix
view post Posted on 28/12/2010, 20:53




per Mandar:


Cap. 5

Sì, è vero, Akim potrebbe autofinanziarsi, infatti proprio per questo ho inserito il pezzo successivo:
"Come alternativa poteva mandarci qualcuno da privato cittadino, ma il fatto avrebbe sollevato una ridda di pettegolezzi. Domande e scartoffie a non finire. Perchè ci andava, quanto intendeva fermarsi...
No. Non avrebbe mai potuto trovare ciò che cercava agendo alla luce del sole. Il clamore pubblicitario era fuori questione. Troppo grossa la posta in palio"
ritieni che come spiegazione possa reggere?

sull'altra osservazione, cioè sul fatto che potrebbe altamente fregarsene della figura internazionale, ho aggiunto un "ma chi te lo fa fare?".
volevo solo far capire che Atila, a differenza di Ulubelen, non vuole rogne di nessun genere. Anche perché, non essendo direttamente interessato alla questione, non ne vede la necessità.

Cap. 6

il "giovane medico" è proprio uno dei protagonisti. Ma la sua descrizione fisica arriva nei capitoli successivi, quando si incontra con la ragazza.
è descritto così:
"... lui era in calzoni kaki e maglietta. Guidava in scioltezza e con un’espressione di noncuranza dipinta sul viso. Dimostrava poco più di trent’anni. I suoi capelli tendevano al nero ramato e i suoi occhi scuri erano mobilissimi sotto le lunghe ciglia e le folte sopracciglia.
Figuen (la seconda protagonista) lo sbirciò di sottecchi. Un bell’uomo, decise, il classico tipo mediterraneo. Aveva anche un’aria intelligente, il che non guastava, e in più sembrava a proprio agio anche in quella circostanza insolita."


infine la frase incriminata.
" o la ammazziamo o la coinvolgiamo" voleva essere ironica. molto ironica.
ma forse non l'ho resa bene.

adesso vado a rivedere il tutto, come sempre grazie per la collaborazione.



 
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mandar
view post Posted on 29/12/2010, 11:38




CITAZIONE (arabafelix @ 28/12/2010, 20:53) 
per Mandar:


Cap. 5

Sì, è vero, Akim potrebbe autofinanziarsi, infatti proprio per questo ho inserito il pezzo successivo:
"Come alternativa poteva mandarci qualcuno da privato cittadino, ma il fatto avrebbe sollevato una ridda di pettegolezzi. Domande e scartoffie a non finire. Perchè ci andava, quanto intendeva fermarsi...
No. Non avrebbe mai potuto trovare ciò che cercava agendo alla luce del sole. Il clamore pubblicitario era fuori questione. Troppo grossa la posta in palio"
ritieni che come spiegazione possa reggere?

non tanto, perchè Akim potrebbe benissimo finanziare un mercenario e non passare per scartoffie e pettegolezzi. corrompere un paio di soldati iracheni alla frontiera e far entrare uno dei suoi. Insomma non mi convince tanto.

CITAZIONE (arabafelix @ 28/12/2010, 20:53) 
sull'altra osservazione, cioè sul fatto che potrebbe altamente fregarsene della figura internazionale, ho aggiunto un "ma chi te lo fa fare?".
volevo solo far capire che Atila, a differenza di Ulubelen, non vuole rogne di nessun genere. Anche perché, non essendo direttamente interessato alla questione, non ne vede la necessità.

e l'altra vecchia volte non capisce che se Akim si sta impegnando tanto, evidentemente c'è qualcosa di grosso sotto? :)

CITAZIONE (arabafelix @ 28/12/2010, 20:53) 
Cap. 6

il "giovane medico" è proprio uno dei protagonisti. Ma la sua descrizione fisica arriva nei capitoli successivi, quando si incontra con la ragazza.
è descritto così:
"... lui era in calzoni kaki e maglietta. Guidava in scioltezza e con un’espressione di noncuranza dipinta sul viso. Dimostrava poco più di trent’anni. I suoi capelli tendevano al nero ramato e i suoi occhi scuri erano mobilissimi sotto le lunghe ciglia e le folte sopracciglia.
Figuen (la seconda protagonista) lo sbirciò di sottecchi. Un bell’uomo, decise, il classico tipo mediterraneo. Aveva anche un’aria intelligente, il che non guastava, e in più sembrava a proprio agio anche in quella circostanza insolita."


infine la frase incriminata.
" o la ammazziamo o la coinvolgiamo" voleva essere ironica. molto ironica.
ma forse non l'ho resa bene.

la descrizione ci sta bene, visto che lo guarda una donna. Però secondo me qualcosa va detto anche prima. non so, quarda la sua pergamena di laurea che risale a soli 4 anni prima, cose insomma che evitino quel "giovane medico" che sta troppo appiccicato e non mi piace proprio.

L'ironia della frase non si coglie: fai alzare a Akim un sopracciglio, un sorrisetto, cose così, sennò sembrano 2 sociopatici. :D
 
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arabafelix
view post Posted on 29/12/2010, 12:54




ok.
recepiti i suggerimenti, mi metto all'opera.
 
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arabafelix
view post Posted on 29/12/2010, 21:51




in attesa del ritorno di Folgorata, posto un altro capitolo.
aspetto suggerimenti.


Ankara, Turchia. a. D. 2000. Maggio.

Sull’elicottero che la stava trasportando nella capitale Figuen Akurgal si sentiva nervosa. Se la volevano al Ministero sarebbe bastato mandarla a chiamare, magari con un telegramma, invece avevano addirittura scomodato l’esercito. Qualcosa non quadrava.
Prelevata da casa era stata immediatamente messa sul quel velivolo, manco fosse un pacco postale, e stava viaggiando da due ore. Due ore lunghe quanto due anni. Inutilmente si era fatta in quattro per chiedere spiegazioni al pilota. Il giovane tenente le aveva risposto, in modo secco, che non era stato autorizzato a fornire indicazioni ai passeggeri.
«Dottoressa non insista, la prego» tagliò corto alla fine.
Vista l’incomunicabilità assoluta tra lei e i rappresentanti delle forze armate, Figuen si rilassò. Inutile fare congetture che potevano rivelarsi ipotesi senza costrutto. Guai grossi non ne aveva combinati, perciò, per sapere che cosa volessero da lei, doveva solo aspettare. Prima o poi qualcuno le avrebbe ben fornito una spiegazione.
Atterrata ad Ankara fu costretta a salire sulla jeep militare che l’aspettava con il motore acceso,
L’autista della jeep, chiusa la portiera con un colpo secco, accese la sirena d’emergenza e sfrecciò a folle velocità nel traffico caotico delle strade congestionate. Rischiarono di lasciarci la pelle più di una volta, ma arrivarono in tempo all’appuntamento.

«Entri pure»
La voce, di là dalla porta socchiusa, risuonò soffocata. Le grosse porte di legno si aprirono. Figuen fu introdotta nella grande sala e lasciata sola.
«Si avvicini»
Avanzò. Sapeva che quell’uomo non la perdeva di vista un istante, nonostante fingesse d’essere molto indaffarato a leggere alcuni fogli che gli stavano sparpagliati davanti.
Fermandosi ad un solo metro dall’imponente scrivania, restò in silenzio, in attesa di un improbabile invito ad accomodarsi. Ulubelen, infatti, non mostrò neppure di essersi accorto della sua presenza. La giovane non si formalizzò più di tanto. Se l’era aspettato, visto il tipo.
«La galanteria non è più di moda». Borbottò solamente, badando bene a non farsi sentire.
Mentre aspettava, ne approfittò per guardarsi intorno. Quello che vide non le piacque molto. Le pesanti tappezzerie rendevano l’atmosfera piuttosto cupa e l’aspetto del locale, globalmente lugubre, non era certo ravvivato dal pavimento a parquet, dove lunghe liste di legno di mogano si avvicendavano a liste più sottili di legno di pino. Spessi tappeti coprivano quasi ogni angolo del locale. Tappeti antichi, persiani e turchi. Senza contare i quadri. Un bel capitale, fu il pensiero irriverente che le balenò in mente.
Ma, nonostante l’evidente profusione di ricchezze, Figuen non invidiò affatto tutto quel lusso, chiaramente sfacciato. Quell’arredamento, quei mobili, quelle pareti decorate, erano troppo scuri e opprimenti per i suoi gusti. Avrebbe preferito, e di molto, colori tenui e sfumature pastello, mobili laccati ed essenziali, tende sottili e luminose. Il ministro continuò a scartabellare carte su carte, fingendo di ignorarla.
«Mi stai mettendo alla prova». Riflettè Figuen. «Ma ho capito il tuo disegno. Tu vuoi farmi capire, fin dall’inizio, quale deve essere il mio posto. Ma se mi hai chiamato, vuol dire che ti servo io. Prima o poi dovrai pure parlare»
E continuò a tacere.
La tattica diede i suoi frutti. Ulubelen, finalmente, alzò gli occhi e la guardò attentamente.
«Si accomodi pure, dottoressa» concesse, alla fine del suo minuzioso esame
Figuen si accomodò su una sedia, con la schiena rigida.
«Dunque, immagino che si sia chiesta il motivo di questa improvvisa convocazione, vero?» Ulubelen, saltò di piè pari i preamboli.
«Certamente. Non le nascondo che è stata una grande sorpresa per me» sorrise Figuen. «Ma come darmi torto? Non mi aspettavo certo di essere condotta qui, alla sua presenza. È un grande onore»
Le labbra di Ulubelen si piegarono in una smorfia lusingata. Ottima scelta di parole, si rallegrò la ragazza, si vociferava che il ministro non apprezzasse molto le donne ma, a quanto pareva, non era insensibile alla loro adulazione.
«Comprendo la sua meraviglia, signorina, ma non potevo fare altrimenti. Lei è qui per un motivo molto importante.»
Figuen annuì. Non desiderava fare la figura della leccapiedi, ma l’uomo che le stava davanti era uno che contava. Poteva fare la sua fortuna o impedirle per sempre di lavorare nel suo campo. Non ignorava certo che inimicarsi Ulubelen fosse un passo troppo rischioso per chi non aveva altri appoggi politici di un certo rilevo. Armandosi di pazienza aspettò che il suo interlocutore si decidesse a spiegarle il grave e importante motivo. Tornando ad ignorarla, il ministro chinò nuovamente il capo e riprese a frugare tra le carte che gli stavano davanti.
La pazienza di Figuen, stavolta, fu messa a dura prova. Ma chi diavolo si credeva di essere quell’uomo? Anche se era un pezzo grosso, o giù di lì, un po’ di educazione non avrebbe fatto diminuire il suo prestigio, accidenti! Si agitò sulla sedia.
In quel momento qualcosa si mosse. Figuen ingoiò tutto ciò che avrebbe voluto dire. Ulubelen aveva trovato quello che cercava: un fascicolo rilegato in pelle verde. Con un sorriso soddisfatto lo impugnò, sventolandoglielo sotto il naso.
La dottoressa Akurgal impiegò tre secondi esatti per rendersi conto che quel misterioso fascicoletto era una copia della sua tesi di laurea. Spalancò gli occhi, allarmata. Che legame poteva mai esserci tra la sua ricerca sulle origini dell’impero ottomano e il motivo della sua convocazione? Sentì un rivoletto di sudore scorrerle lungo la schiena. Già aveva perso il precedente impiego per quegli studi su Mehmet II, ci mancava anche che qualcuno avesse scoperto, tra quelle pagine, un segreto che riguardava la sicurezza dello Stato. Il ministro le piantò addosso gli occhi, la lasciò ancora qualche istante in sospeso, poi riprese:
«Se non sbaglio lei ha sostenuto, nella sua tesi di laurea, che il sultano Mehmet II, il Conquistatore, non fu il vero artefice della fondazione dell’impero turco. Lei sostiene invece che il merito di tutto ciò che avvenne in quel periodo è da attribuirsi al suo visir, al suo consigliere privato, certo… Aslan Oman Bey. Ho detto bene?»
«Si, certo, ha detto bene» Figuen era sempre più sbalordita e il sospetto che stava per cacciarsi in qualche guaio si fece più forte.
«E come mai è giunta ad una simile conclusione, dottoressa?»
Figuen si umettò le labbra, divenute improvvisamente secche.
«Vede, signor Ulubelen, durante i miei studi mi sono fatta l’idea che Mehmet II, in realtà, fosse un uomo fondamentalmente ignorante, collerico e sanguinario. Lo dicono gli scritti dell’epoca.»
«Ebbene?»
«Ebbene - mi sono chiesta – è possibile che un uomo così poco scaltro e, mi permetta il termine, tanto ignorante, abbia potuto trasformare il regno precario che aveva ereditato in un impero che è durato centinaia di anni? La risposta poteva essere una sola: non è stato lui a fare tutto ciò, ma qualcun altro.»
«Un’interpretazione singolare. E perché ha pensato proprio ad uno dei suoi visir?»
«Perché non c’era nessun altro»
«Mi spieghi» non era una richiesta. Era un ordine.
«Volentieri. Ma ci vorrà un po’ di tempo.»
«Non si preoccupi.»
«Vede, signor ministro, dopo che Mehmet II ebbe preso il potere, fece immediatamente giustiziare i fratelli e le sorelle. La madre fu accusata di infedeltà verso il defunto marito e rinchiusa in prigione. Inoltre il sultano non aveva favorite...»
Colse il barlume d’incredulità nello sguardo attento che la scrutava e si corresse subito:
«O, per lo meno, non aveva favorite tanto influenti da poterlo guidare nella reggenza.»
«E che mi dice della moglie, la sultana?»
«Era poco più di una bambina. La figlia di un emiro turcomanno che lui aveva preso in moglie solo per stringere un’alleanza e per avere un erede. Educata alla corte del padre, la sultana viveva solo per il lusso. Quindi, restava una sola possibilità: che l’artefice di tutto fosse invece il visir di Mehmet II.»
«Peccato che il visir si chiamasse Kalil» ironizzò Ulubelen.
«Quello più anziano certamente, ma Mehmet II doveva averne più di uno. E io ho trovato un editto, poco importante a dir la verità, che riportava in calce il nome di Aslan Oman Bey.»
«Ma nessuno le crede...»
«No, è vero. Quella firma è stata confusa con quella dello scriba di corte. Eppure le assicuro che ho perso molte notti su quel documento, ho interpellato anche alcuni grafologi. Tutti sono stati concordi con me. La mano che scarabocchiò quel papiro non apparteneva allo scriba reale.»
«E così…»
«E così mi sono convinta della sua esistenza. Se si sofferma un momento a riflettere ne converrà con me. Se poi lei avesse la pazienza di leggere gli scritti…»
Si accorse improvvisamente di essersi troppo infervorata nel sostenere la sua tesi. L’editto firmato da Aslan, le avevano fatto notare i grossi papaveri dell’Università, era in realtà un semplice foglio e la firma riportata in calce non era, in effetti, molto leggibile, a parte il fatto che erano stati usati gli antichi caratteri arabi, che pochi conoscevano. Tutto il resto si basava su leggende. In più Ulubelen non l’aveva certo convocata per essere istruito sulla storia patria degli ultimi secoli. Figuen si morse il labbro e ammutolì. Forse aveva esagerato.
Ulubelen la guardò fissamente. «Lei è convinta di quello che dice?»
«Assolutamente.»
«Bene, allora dovrà partire.»
Figuen deglutì più volte. «Cioè...»
«Si unirà ad una spedizione medica diretta a Baghdad. La tomba che cerca si trova là.»
Figuen strabuzzò gli occhi. Aslan era davvero esistito, avevano trovato la sua tomba. E lei era l’unica ad averci creduto. Che smacco per i grossi papaveri dell’Università, fu il suo primo pensiero.
«Ma... perché manda proprio me?» fu tutto quello che riuscì a dire. Dio, che intervento cretino.
«Perchè ho bisogno di lei. È preparata, ma non la conosce nessuno. Caratteristiche indispensabili alla missione. Mi ha ben compreso?
«Si, certo» rispose, anche se non aveva capito quasi nulla.
«Bene, allora siamo d’accordo. Non ne faccia parola con nessuno, naturalmente. Lei ha un fidanzato?»
«No»
«Meglio. Così non sarà costretta a mentirgli»
Per un uomo così impastato di maschilismo com'era il ministro l’ipotesi di dover mentire ad un fidanzato legittimo poteva sembrare un delitto di lesa maestà, concluse tra sé Figuen.
«Ora torni a casa e aspetti.» La congedò Ulubelen.
Figuen uscì dalla sala frastornata e ancora incredula, dopo aver mormorato un debole saluto. Scese i gradini senza rendersene conto e uscì in strada. La luce accecante del giorno le ferì gli occhi, abituati com’erano alla penombra dell’antico palazzo.
 
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claudio7
view post Posted on 30/12/2010, 00:02




Capitolo 5

“Akim Ulubelen era immerso… … … … si divideva equamente tra ciò che leggeva e ciò che vedeva e sentiva.”
Bella questa parte, dà ampia idea del suo carattere e dà il senso dell’uomo d’affari intento sempre in più attività e che si tiene costantemente aggiornato.

“La magnitudo della forza distruttiva, rilevata dai nostri sismografi, ha raggiunto il sesto grado della scala Richter.”
Anche a me “forza distruttiva” non mi ispira, tra l’altro la scala Richter indica già quello, quindi…

“Ulubelen s’irrigidì e lasciò cadere il giornale, che planò sul pavimento.”
Hm ho fatto una serie di prove dentro casa, se lasci andare un giornale, quello cade sempre senza planare, al massimo se lo lasci scivolare dalle mani e poi ti scivola lungo le gambe, poi alcuni fogli si sparpagliano, soprattutto se cade aperto. Ma non so, se hai notizia che i giornali iracheni sono più leggeri, dico sul serio, non sono ironico, un giornale di pochi fogli effettivamente dà l’impressione di planare. Lo so, è un dettaglio stupido, però meglio essere pignoli.

“Afferrò il telecomando e cambiò canale. Le varie programmazioni erano rigorosamente rispettate.”
Rispettate suona poco chiaro, specifica rispettate rispetto a che cosa, ovvero alla gravità dell’evento accaduto. Nel senso che non venivano interrotte per parlare del terremoto, se non ho capito male.

“…era sempre stata una persona aperta e gioviale.”
Per me qui il soggetto è il sottinteso lui, quindi “lui era sempre stato una persona aperta e gioviale.”

“«Maledizione, fai uno sforzo di fantasia. I nostri vicini avranno bisogno di medici, di aiuti, di qualche cosa, insomma. Potremmo farci avanti noi...»”
Altra bellissima intuizione! Questo Ulubelen è proprio un furbacchione viene da pensare! Peccato gli sia andata male… anzi no…

Finito il quinto capitolo, mi è piaciuto parecchio, molte buone idee. Complimenti.

Giusto per scherzare, ho notato che continui a trascurare i punti. Immagino che il pulsantino sotto la l e la ò si senta un po’ depresso. Ma perché lo trascuri così? Daii e usalo! Ovviamente scherzo, però mettili i punti giusto perché non ci sia nulla da dire, perché il resto va tutto molto bene, si legge che è una bellezza e sai dosare le informazioni per suscitare sempre più la curiosità del lettore a mano che questo và avanti.

Capitolo 6


“Un ordine diretto di Akim Ulubelen non poteva essere rifiutato. E non lo avrebbe neppure voluto.”
La seconda frase mi suona male. Forse sarebbe meglio qualcosa tipo: “Né lo avrebbe fatto.”

“ma, in lui, la passione per l’archeologia superava…”
In questo caso sono sicuro, “inoltre” è molto più azzeccato in base al senso della frase di “ma”.

“«Ha saputo del terremoto?» cambiò improvvisamente discorso il ministro
«Quello che ha recentemente colpito l’Iraq? L’ho saputo.»”
Che bello, qui Yetkim che presta in un certo senso il punto di vista al narratore onnisciente crede che il ministro stia cambiando argomento, in realtà noi sappiamo che l’argomento è lo stesso! Geniale.

“Ulbelen si accomodò meglio sulla poltrona.”
La u…

“Ulubelen fece spallucce «Per tutto il mondo, a quanto ne so.».”
Ma come, glielo dice così?! Ah, beh, in effetti prima o poi avrebbe dovuto farlo… piuttosto, sbaglio o vedo un punto di troppo? Che ridere sembro un cercatore di pepite d’oro…

“«E lo sarà. Ma dovete lasciarmi carta bianca. Quella fanciulla sta tempestando da mesi tutti gli archeologi del paese, sperando di trovare qualcuno disposto ad ascoltarla. E se lei non vuole che qualcuno prima o poi, le dia retta…» Yetkin fece una smorfia divertita.”
Anche questo Yetkin mi sembra un furbacchione, mi è già simpatico. Fanciulla però detto da una persona giovane mi stona…

Bene, finito anche il sesto. Ho visto che ne hai postato un altro, ma oggi non farò in tempo, anche se son curioso di proseguire. Per adesso ti rinnovo i complimenti, la storia si fa sempre più avvincente e interessante. A presto.
 
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folgorata
view post Posted on 30/12/2010, 15:44




Editing

Capitolo 5

Ankara. Turchia. Appartamento del Ministro Ulubelen a. D. 2000. Aprile.

Akim Ulubelen era immerso nella lettura del Hürriyet di un giornale(metti il nome di un giornale preciso). Politica interna, interviste. Di tanto in tanto sollevava il viso e gettava brevi occhiate allo schermo DEL TELEVISORE. Notizie economiche, avvenimenti di cronaca. Il suo cervello si divideva equamente tra ciò che leggeva e ciò che vedeva e sentiva.

“…Apprendiamo che un terremoto ha colpito questa mattina, alle nove ora locale, (NON PUò ESSERE TUTTO IN TORNO A BAGDAD, INTANTO PER LA DIFFUSIONE CIRCOARE DEI TERREMOTI, ESSI NON POSONO COLPIRE INTORNO A UN ACITTà SENZA COLPIRE LA CITTà, SECONDO, SE UN TERREMOTO HA UNA TALE ESTENSIONE NON PUò ESSERE NEGATO NEMMENO DA QUEL FURBO DI ACMADINEJAD. DUNQUE INDICA CON NOME PRECISO UNA LOCALITà PRECISA. Il Presidente Iracheno, in un discorso trasmesso dalle reti televisive di Stato, ha tuttavia negato la circostanza ed ha rassicurato la popolazione, sostenendo di avere il pieno controllo della situazione. La magnitudo della forza distruttivaDEL SISMA, rilevata dai nostri sismografi DI... I MEDIA NON POSSIEDONO SISMOGRAFI, ha raggiunto il sesto grado della scala Richter. La Croce Rossa Internazionale, la Mezzaluna Rossa e l’Associazione Medici Senza Frontiere si sono offerti di inviare aiuti, medicinali e viveri. L’offerta è stata declinata…”

Ulubelen s’irrigidì e lasciò cadere il giornale, che planò sul pavimento. Ma l’inquadratura era già cambiata. Ora stavano trasmettendo le previsioni del tempo. Il ministro era sulle spine. Da quando Tarsim gli aveva fatto pervenire il messaggio stava cercando il modo di inviare un suo agente a Baghdad, ma tutti i suoi tentativi erano falliti. L’Iraq, per un motivo o per l’altro, gli era precluso.
Imprecò silenziosamente. Quel pazzo sanguinario che avevano come vicino si era messo in testa di gestire lo Stato come se fosse un suo feudo privato. Non concedeva visti di ingresso ???? , a meno che non si parlasse di denaro. MA FORSE NON HO CAPITO. GUARDA CHE L'IRAN CONCEDE NORMALEMENTE VISTI TURISTICI E DI TRANSITO ANCHE IN AEROPORTO , ALTRIMENTI VANNO RICHIESTI IN AMBASCIATA O AL CONSOLE. NON CI SONO DIFFICOLTà A MENO CHE NON SI TRATTI DI GIORNALISTI O DI CITTADINI DI ALCUNI PAESI (NON LA TURCHIA) ARABA NON PUOI SCRIVERE UN INTRIGO INTERNAZIONALE SENZA INFORMARTI. Ma il governo turco non gli avrebbe concesso dei fondi senza la sicurezza di ricavare un utile. E lui non poteva fornire quelle certezze.
CIOé... QUA NON REGGE NIENTE CHE LEGGO A FARE?
Come alternativa poteva mandarci qualcuno da privato cittadino, ma il fatto avrebbe sollevato una ridda di pettegolezzi. Domande e scartoffie a non finire. Perchè ci andava, quanto intendeva fermarsi...
No. Non avrebbe mai potuto trovare ciò che cercava agendo alla luce del sole. Il clamore pubblicitario era fuori questione. Troppo grossa la posta in palio...

GUARDA ARABA, ASSOLUTAMENTE NON è PENSABILE CHE TU SCRIVA IMMAGINANDOTI CHE LE COSE FUNZIONINO IN UN CERTO MODO, DEVI ESSERE CERTA CHE FUNZIONINO COSì SE NO TI FAI RIDERE DIETRO. VERIFICA SCRUPOLOSAMENTE LE TUE AFFERMAZIONI INFORMANDOTI, RIPOSTA IL TUTTO DI CONSEGUENZA E AVVERTIMI QUANDO L'HAI FATTO.
PECCATO PERCHé HAI UNA SCRITTURA CHE AVVINCE.
 
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claudio7
view post Posted on 30/12/2010, 18:09




Hm in effetti Folgorata ha ragione, io non sono entrato nel merito delle tue affermazioni, perchè ho dato per scontato che ti fossi documentata. Questa è la difficoltà di scrivere un libro ambientato in un paese tanto diverso dal nostro, come dicevo nel mio primo post. Ora non so, magari certe cose le hai comprovate prima, ovviamente tutto quello che non hai verificato scrupolosamente lo devi rivedere. Certo, è un lavoraccio, ma ne vale la pena perchè le potenzialità le hai, il tuo modo di scrivere è molto avvincente e fluido. Dai, sei già a buon punto!

Edited by claudio7 - 30/12/2010, 22:11
 
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arabafelix
view post Posted on 30/12/2010, 21:26




Ok, afferrato il messaggio.
Pensavo di scrivere un thriller di fantapolitica e che, per questo motivo, mi venissero perdonate le inesattezze e le invenzioni.
Cancellare tutto!
Adesso vedo di cambiare buona parte della storia. Questo capitolo (e i successivi).
Diversa collocazione temporale (2006), niente sisma ma attentato alla Moschea di Samarra (febbraio 2006), Saddam è caduto e non c'è più, ma la guerra civile infuria (i visti turistici per l'Iraq sono stati, e sono ancora, sospesi. Gli unici permessi sono concessi ai giornalisti, alle attività indispensabili, agli operatori umanitari).
Spero di non suscitare ancora le "ire funeste" di folgorata.

Folgo, perdonami, non lo farò più!

 
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folgorata
view post Posted on 31/12/2010, 11:51




Beh, qua lo scriviamo in premessa: andiamo un po' per le spicce.
 
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arabafelix
view post Posted on 31/12/2010, 13:43




Nessun problema, tutte le critiche, se servono a migliorare il mio lavoro, mi sono utili.

 
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arabafelix
view post Posted on 1/1/2011, 21:50




dopo i bagordi di Capodanno mi sono rimessa al lavoro.
Cancellando tutto quello che ho postato prima, riparto dal 5 capitolo.
Spero che, adesso, la storia fili liscia e sia più realistica.
:wub:
Ho sostituito il tatuaggio del primo capitolo con una scritta a pennarello indelebile.
Anche il luogo è cambiato, non si tratta più di Baghdad ma di Samarra, dove si è verificato un attentato il 23 febbraio 2006 che ha distrutto la più sacra delle moschee sciite. Attentato cui ha fatto seguito un'ondata di violenza che ha provocato 1500 vittime e la distruzione, per vendetta, di un centinaio di moschee sunnite.
il quotidiano scelto è stato il Milliyet, di orientamento laico e progressista. L'Hurriyet pare sia più di tipo scandalistico, pur non mancando di analisi politiche affidabili.

aspetto sempre suggerimenti.

Capitolo 5

Ankara. Turchia. Appartamento del Ministro Ulubelen a. D. 2006. Febbraio.

Akim Ulubelen era immerso nella lettura del Milliyet. Di tanto in tanto sollevava il viso e gettava brevi occhiate allo schermo del televisore. Notizie economiche, avvenimenti di cronaca. Il suo cervello si divideva equamente tra ciò che leggeva e ciò che vedeva e sentiva.

“Un attacco alla moschea di al’Askariya, a Samarra, ha provocato il crollo di una parte della cupola d’oro. Il mausoleo di Samarra è una delle più importanti mete del pellegrinaggio sciita. Uomini armati hanno fatto esplodere due cariche esplosive intorno alle 7 locali, dopo aver neutralizzato i cinque poliziotti di guardia. Gli attentatori sono poi riusciti a fuggire. L’ayatollah Alì al Sistani, ha invitato oggi tutti gli sciiti a protestare per quanto accaduto, pur chiedendo di evitare attacchi alle moschee sunnite. L’attentato ha invece scatenato un’ondata di violenza...”

Ulubelen s’irrigidì e lasciò cadere il giornale, che finì sul pavimento. Ma l’inquadratura era già cambiata, la signorina era stata sostituita da un colonnello dell’aeronautica che informava sulle previsioni del tempo. Il ministro era sulle spine. Era da quando aveva ricevuto il messaggio di Tarsim che stava cercando un modo per inviare un suo agente nella zona di Samarra ma, nonostante la sue influenza, tutti i tentativi erano falliti. L’Iraq, per un motivo o per l’altro, gli era precluso.
Sapeva che, dopo l’invasione americana recarsi in quel paese era diventato molto difficile, ma ci aveva provato, e più di una volta. Tutto quello che aveva ricavato erano state risposte molto cortesi ma molto ferme. Era impossibile, inutile insistere. I voli commerciali erano diventati sempre più rari e controllati e le frontiere del paese erano state pressochè chiuse. Fino a quando la situazione politica non si fosse stabilizzata, la nazione era pressochè sigillata. I pochi visti che venivano rilasciati erano riservati alle attività indispensabili, a pochi giornalisti o agli operatori umanitari, dove servivano. E tutti quelli che entravano nel paese dovevano girare con la scorta armata.
Il ministro imprecò silenziosamente. Ciò gli precludeva anche la possibilità di mandarci qualcuno in incognito. Con un militare attaccato alle costole, al massimo, il suo inviato poteva fare un giretto al mercato, non certo intrufolarsi in una tomba di nascosto. Ma ora...
Afferrò il telecomando e cambiò canale. Le varie programmazioni erano rigorosamente rispettate. Un film alquanto datato, un documentario sulle abitudini dei serpenti africani, un musical, l’immancabile dibattito politico. Nessuno di quei giornalisti pareva preoccuparsi di fornire notizie più dettagliate sull’attentato. Maledizione a quelle menti ottuse! Scagliando il telecomando sul divano, e soffocando un’imprecazione, afferrò il cordless. Digitò un numero.
«Hallo?»
«Atila? Sono Akim»
All’altro capo del filo si udì una breve risata. Atila Amman, Ministro della Sanità, suo amico di lunga data, e compagno di partito politico, era sempre stata una persona aperta e gioviale. La roca risata di gola, che conosceva tanto bene, lo rinfrancò immediatamente.
«Ti ho disturbato? » Si sincerò Ulubelen
La risata divenne più aperta.
«Non mi hai disturbato affatto, amico, anche se, forse, non hai guardato l’orologio, prima di chiamarmi.»
Ulubelen gettò una breve occhiata alla sua pendola inglese. Segnava le ventidue.
«Scusa, non avevo fatto caso all’ora»
«Scusato, comunque non sentirti in colpa.»
«Cercherò di non avere rimorsi» borbottò Ulubelen.
«E io ti aiuterò a non averne. Non ero ancora a letto, se è questo che temevi. Stavo giusto aspettando un diversivo. Comunque, che volevi?»
«Stavo ascoltando le ultime notizie…»
«Ebbene?»
«Hai sentito dell’attentato a Samarra?»
«Sì. Perché ti interessa?»
Seguì un istante di silenzio. Ulubelen si morse le labbra. Doveva stare molto attento a non lasciarsi sfuggire nulla di compromettente, altrimenti il suo amico non lo avrebbe più lasciato in pace. Fortunatamente, Atila non ritenne opportuno infierire.
«Be’. Lasciamo perdere i tuoi misteri, non li voglio conoscere. Torniamo al tuo problema.»
«Sai che devo mandare qualcuno proprio in quella zona, o nei dintorni» spiegò alla fine Ulubelen
«Lo so, me ne hai già parlato. E mi ricordo anche di averti detto che non potevo aiutarti.»
«Ma adesso, può diventare possibile...»
«Non ti seguo»
«Maledizione, fai uno sforzo di fantasia. L’attentato, e i disordini che ne sono seguiti, avranno pure provocato qualche vittima. Da quel poco che ho sentito gli sciiti si stanno vendicando ben bene.
«E allora?»
«Avranno presto bisogno di medici, di aiuti, di qualche cosa, insomma.»
«Se è solo per quello la Croce Rossa sarà la prima ad intervenire. Magari è già sul posto»
«Se ci va lei potremmo anche andarci noi. Questo attentato è una fortuna»
«Non la chiamerei proprio una fortuna...»
«Senti, lascia perdere il politically correct. Non voglio essere ipocrita, non con te, ci conosciamo da troppo tempo.»
«Sputa il rospo, amico, che cosa proponi?»
«Di farci avanti. Se ci possono andare Medici senza Frontiere, Emergency e gli altri, perché no la nostra Mezzaluna Rossa? Sei o non sei il Ministro della Sanità?
«Sbaglio, o mi stai proponendo di organizzare una spedizione umanitaria?»
«Non sbagli.»
Akim udì chiaramento il sospiro dell’amico. «Non è una cosa molto semplice...»
«Senti, Atila, vuoi aiutarmi o no?»
«Ma certo che voglio. Non scaldarti tanto. Se proprio ci tieni organizzerò la tua missione, ma vedi di non mettermi nei casini.»
«Non preoccuparti ci manderò un medico. Un vero medico. Ti giuro che non avrai rogne.»
«Allora siamo d’accordo. Ti accontenterò. Ma continuo a chiedermi perché devi assolutamente spedire qualcuno proprio in Iraq.»
«Atila, ti prego, non insistere. Non te lo posso dire.»
«Va bene, va bene.» Una nuova risata. «Adesso però devo chiudere. Domani mi aspetta una giornata piuttosto pesante. Ti farò sapere e... ricorda che mi devi un favore.»
Un clik segnalò al ministro che la conversazione era stata troncata. Ulubelen posò il cordless sul ripiano del tavolino e si adagiò mollemente sui cuscini di raso. Chiuse gli occhi. Il giornale continuò a restare a terra
«Mi dispice per quei poveretti, ma non posso lasciarmi sfuggire questa occasione. Per me è un vero miracolo…» borbottò.


 
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Marilynn
view post Posted on 3/1/2011, 10:30




ciao :)
letto il 5° cap.rivisitato e corretto.
ho solo due appunti: io metterei 'alle ore sette, ora locale'

e quando Atila e Ulubelen parlano, io non metterei le parole 'casini' e 'rogne', alla fine dei loro discorsi quanto, piuttosto, 'problemi' e 'guai'. non so perchè, ma non ce li vedo, quei due, a usare un simile gergo ;)

per intenderci, io li vedo nella mia testa un po' come Hani Salaam in 'Nessuna verità' (magari sbaglio ed è tutt'altro genere di politico, quello che invece hai in mente tu..:P)

www.youtube.com/watch?v=H35TKXpP70M
(è quello col giornale, seduto al tavolino, che invita Leo di Caprio a sedersi...non so se hai visto il film)
 
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arabafelix
view post Posted on 3/1/2011, 10:32




non ho visto il film, ma lo vado a vedere subito. proseguirò dopo averlo visto.
grazie della "dritta"
 
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48 replies since 13/12/2010, 13:50   413 views
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