| CAPITOLO 1
9 febbraio 2003
Un sole rosso fuoco basso sull’orizzonte dipingeva con colori accesi le finestre delle palazzine residenziali di Charing Cross Road e della National Gallery, il cuore del quartiere che, nonostante la sera imminente, pullulava ancora di persone indaffarate che correvano come migliaia di formiche lungo i marciapiedi o si infuriavano, stressati e stanchi,nelle auto accodate al solito, lunghissimo, semaforo. Simon Decker era proprio in mezzo al quel traffico quando decise di spegnere il motore della sua Mercedes, dato che la coda era immobile da cinque minuti, e quando ricevette una telefonata. Lesse il display: Anne. “ Pronto tesoro?” “ Simon, sei ancora in ufficio? Non dovevi arrivare per le sette?” La voce della moglie, forzatamente serena e rilassata, non riusciva a mascherare l’ansia e la preoccupazione della donna. “ Ehi, lo sai che c’è traffico- rispose lui dolcemente- quindi ritardo un po’, siamo bloccati al solito incrocio col museo.Che casino! Ma che…” Una cacofonia di clacson e imprecazioni si levò così forte che fu udibile all’altro capo del telefono in modo chiaro e distinto: qualcuno cercava di cambiare corsia preferenziale e stava bloccando tutto. “ Idiota!…Scusa cara, dicevo che qui è un casino, è tutto fermo, ma stai tranquilla, non mi è successo niente!” “ Ok…Ti aspetto.” “ Ti aspettiamo vorrai dire! Come sta?” “ Scalcia abbastanza adesso, e se mi metto in certe posizioni sento qualcosa che sporge: un piedino magari, una mano…Oh Dio, è stupendo!” “ E’ mio figlio, avevi dubbi?- scherzò- Ti amo, arrivo.” Un suono sordo chiuse la chiamata e Simon gettò distrattamente il cellulare sul sedile del passeggero, quindi riaccese il motore dell’auto e la radio. Venti minuti dopo una Mercedes nera arrivò al civico 23 e parcheggiò nel posto riservato. Da essa scese un uomo sulla trentina, con dei capelli ricci e scuri che contrastavano con gli occhi verdi e accesi di una luce colma di intelligenza, acutezza e solarità. Chiuse l’auto sportiva, diede una pulita al parabrezza con un fazzolettino e quindi entrò nel palazzo. Al terzo piano, sul pianerottolo, una donna bionda guardava nervosamente nella tromba delle scale, in attesa di vedere arrivare la consueta figura in giacca e cravatta che l’avrebbe baciata sulla porta e poi l’avrebbe riaccompagnata nell’appartamento numero 12, un trilocale arredato con mobili moderni e luminosi che lasciavano molto spazio libero. “ Aspetti il principe azzurro?” Scherzò lui. “ Sì, ma mi sa che non arriverà mai” rise lei. “ Oh, vediamo se posso farne le veci io allora, se riesco a convincerti…Così!” Il bacio fu dolce e delicato, ma pieno di passione e amore, come se i due fossero all’inizio del loro percorso di convivenza che invece era già stato confermato dal rito delle nozze. “ Entriamo prima che ci vedano!” “ E chi vuoi che ci veda? La vecchia signora qui accanto?” “ Scherzi tu, ma quella è una pettegola!” “ Uh, meglio nasconderci allora!” Disse lui chiudendosi lentamente la porta alle spalle, imitando una persona inseguita che non vuole far vedere dove si sta nascondendo. “ Allora, com’è andata oggi? Qualche cosa di serio?” “ Per fortuna no: ho solo sistemato un po’ l’archivio dei vecchi casi, chiamato il tecnico per il telefono fisso che ogni tanto non dà nessun segno di vita e ho telefonato anche al dottore per il tuo ultimo esame. Ti ho preso appuntamento per domani alle quindici, va bene?” “ Direi di sì, lo sai che al momento sono a casa a cucire e guardare la TV!” “ Bè, non che io in ufficio faccia molto di più, solo che, sai, un uomo che cuce…” “ Un poliziotto come te poi!” “ Oh, io un banale poliziotto? Signorina, io sono un agente del MI5, esigo che venga rispettata la mia posizione!” “ Agli ordini agente!” In quel momento una smorfia di dolore lacerò il sorriso di Anne, come un lampo a ciel sereno in estate. “ Che c’è? Una fitta?” “ Un calcetto sì. Ormai sono frequenti, massimo un paio di settimane credo e finalmente saremo mamma e papà.” “ Già.Fammi sentire il bambino, si muove?” “ Eccome. Gira e si rigira tutto il giorno!” Simon alzò la maglietta della moglie e le porse l’orecchio contro il ventre: dalla pancia arrivavano suoni liquidi e di pulsazioni, forse il cuore del piccolo era vicino. “ Oh, sento qualcosa…” disse con gli occhi lucidi. “ Che cosa?” “ parla…” “ parla? Ma che dici!” “ Shht,aspetta…Dice che è felice.” “ Simon Decker tu sei matto!” “ Oh, no, mi sta dicendo che è felice perché sa che avrà la mamma più brava del mondo!” “ Ah, sei un tesoro” sussurrò lei accarezzandogli i morbidi capelli scuri. “ Come te lo immagini?” Disse lei d’un tratto. “ Mmm…Non ci ho ancora pensato sai? Preferisco la sopresa. L’importante è che sia sano, e per il dottore lo è.” “ Vero, ma non ci credo che tu non hai mai pensato nemmeno per un momento a come potesse essere. Non hai mai immaginato come poteva essere tua moglie?” “ Oh sì, certo.” “ Ah, e come la immaginavi?” “ Esattamente così” sorrise lui. “ Ah, bugiardo!” I due scoppiarono a ridere, ma tutt’un tratto sul volto di lei calò un’ombra di malinconia. Lui la guardò e attese che passasse, quindi lei sorrise, fingendo che nulla fosse accaduto, ma poi Simon le prese le mani, la fissò dritto negli occhi e parlò.. “ Anne, ti prego, non pensarci…” “ Io…” Attese, quindi si decise a confessare: “Lo so che non dovrei, ma come faccio? Fai un lavoro meraviglioso, sei una forza dell’ordine e della giustizia, sei il bene che lotta contro il male, ma è un mestiere pericoloso Simon, troppo pericoloso perché tua moglie possa stare serena nel momento in cui si trova a dover accudire da sola un figlio in attesa del tuo ritorno a casa che non è mai assicurato.” “ Ehi, esageri. Sono alle prese con scartoffie e appunti, cosa deve succedermi? Temi che i cassetti di ferro dell’archivio mi ingoino? Ti prego, non farti paranoie inutili, va tutto bene.” “ Adesso! E se succede un nuovo caso come quello di maggio? L’omicida ti aveva sparato e per fortuna ha preso di striscio la tua gamba, ma i segni ci sono, sulla tua pelle e nella mia mente. Ricordo la telefonata del commissario, con la sua voce calma e così…Finta! Mi disse che ti avevano sparato ad una gamba, che stavi bene e non c’era nulla di cui preoccuparsi. Certo, perché il colpo diretto sul tuo cuore fu bloccato dal giubbetto antiproiettili, se no a quest’ora ero già vedova!” “ Tesoro, non succederà mai più, te lo prometto.” “ Non promettere quello che sai di non poter mantenere! Giuri il falso e menti già dall’inizio.” “ Quello che voglio dire è che non ho molta scelta, è l’unico modo che abbiamo per pagare le spese della casa, il mutuo, la macchina, per poter dare a nostro figlio una vita felice! Non posso cambiare lavoro, non ho altre credenziali che mi permettano un posto altrettanto remunerativo e più sicuro.” “ Lo so bene, infatti non devi cambiare lavoro. E’ tutta colpa mia, sono io che sbaglio e che mi faccio troppi problemi. Però, ti prego, promettimi una cosa.” “ Dimmi pure.” “ Voglio sapere tutto: se sei coinvolto nella caccia a un killer, in un delitto passionale, nella ricerca di una setta di pazzi che vuol far saltare il mondo intero, ritengo mio diritto sapere tutto. Promettimelo Simon!” “ Amore…” “ Voglio la tua parola.” La sua voce ormai era secca e decisissima e il suo volto tornava ad avere un’ espressione dura, con gli occhi che brillavano nascosti da qualche ciocca bionda che era ricaduta in avanti. “ Te lo prometto Anne. Ti dirò tutto, anche a costo di infrangere la legge.” “ Va bene Simon.Ti ringrazio davvero e mi fido di te, ti amo.” E così dicendo andò a stendersi sul divano riprendendo in mano un maglioncino bianco che stava facendo per il piccolo, tornando a sorridere come se nulla fosse accaduto. “ Pensavo di ricamarci qualche fiocco di neve sopra, azzurro ovviamente, e di cucire il nome sul petto.” “ Bene, ottima idea.E’ davvero bello.” “ Grazie. Dobbiamo ancora deciderlo però, il nome.” “ Ah, sai che non sono bravo per queste cose…Con Decker cosa può andar bene se non Simon? E non è il caso di fare un Simon Decker Junior direi…” “ Non credo proprio! Ci ripenseremo, ho capito.Vediamo di farlo prima che nasca però!” “ Tranquilla, lo troveremo un bel nome per lui.” Detto ciò prese la mano di lei e la fece alzare, quindi la condusse in cucina, dove si sedettero per mangiare qualcosa, seppur nessuno dei due avesse una gran fame. Appena finito di cenare Simon andò, come consuetudine, a controllare la posta elettronica sul computer dello studio. Entrato nella stanza quadrata si soffermò a fissare le luci che nella città cominciavano ad accendersi in sequenza, una dopo l’altra, come in una sorta di buffa staffetta. Nelle strade le file di automobili erano ancora lunghe e rumorose, mentre le formiche sui marciapiedi erano ormai completamente svanite, lasciando uno strano senso di vuoto a permeare le vie più strette e dove l’accesso ai veicoli motorizzati era bloccato. Sentendo questa strana malinconia che saliva piano dentro di lui si decise ad abbassare le eleganti veneziane bianche sull’ampio finestrone, escludendosi dal mondo esterno almeno in quel momento, quindi sentì la necessità di ascoltare un po’ di musica e accese la radio senza badare veramente a cosa trasmettessero: un brano rock anni’80, ma non sapeva quale. Accese il computer e attese: aprì dunque la pagina delle e-mail e trovò un solo messaggio da parte di un vecchio amico che lo invitava a cenare da lui due sere dopo. “ Sì può fare Paul.” Rilesse la mail e si accorse che la motivazione era che la moglie di Paul aveva avuto un bambino e così, anziché invitare gli amici al tradizionale pranzo dopo il battesimo, che era stato riservato ai parenti, aveva organizzato una cena a casa sua. Anne era invitata a sua volta. Le avrebbe fatto bene parlare con altri, pensò, sicuramente la tranquillizzeranno e magari riceverà qualche buon consiglio. Simon rispose: D’accordo Paul, che piacere sarà rivederti e risentirti! Auguri per il battesimo del bambino, è una tappa importante e diventare padre è un traguardo che anch’io vedo da lontano, sempre più vicino, e la cosa mi riempie di gioia. Saremo da te alle 8. Simon Troppo seria forse? Ma no.Andava bene: inviò la mail e chiuse il computer, sua moglie lo chiamava per andare a dormire, anche se lui non aveva sonno e il giorno dopo sarebbe stato ancora privo di occupazioni interessanti. Simon si coricò,baciò la moglie e le accarezzò la pancia in segno di affetto e quindi cercò di addormentarsi, ma la voce di lei lo chiamò: “ Scusa…Domani hai da fare?” “ Non credo, non ho niente di importante in ufficio.” “ Ehi, domani è sabato!” “ Cosa? Ah, cavolo! La partita in tv! Stasera c’era il Manchester, mi sono dimenticato, devo andare a vedere subito il risultato!” “L’ho già guardato io.Uno a zero.” “ Grande! Adoro quella squadra!” “ Dicevo…” “Sì scusa. Dimmi.” “ Se hai da fare domani.” “ Non credo, perché?” “ Niente di che, devi solo passare in università a prendere Marvin, tuo fratello non può.” “ In università? Il sabato?” “ Ci vogliono dieci minuti da qui, non ti agitare.” “ Mi sembra solo strano che vada al sabato in università, e comunque nel tuo calcolo del tempo non conti i semafori e i sensi unici di Bloomsbury e il traffico vicino alla National Gallery: nel weekend è piena di turisti!” “ Bè, vai tu o no?” “ D’accordo, ci andrò io.” “Bene, finisce alle sei e trenta. Grazie. Buonanotte.” “ ‘notte.”
10 febbraio 2003
La mattina seguente Londra si svegliò bagnata da leggerissime gocce di pioggia che ticchettavano sui vetri quasi a tempo con le lancette degli orologi, rade e appena visibili nel cielo coperto di grigio che faceva da cupola a uno dei pochi quartieri dove non regnasse sovrano il color piombo anche sulle case. Il tempo migliorò nel pomeriggio e per le sei l’incredibile ingorgo che si era formato al solito semaforo della via era ormai ridotto a un paio di macchine in coda che aspettavano il verde: Simon ne approfittò e uscì subito di casa, dirigendosi verso la University of London. Viaggiò per cinque minuti senza incontrare problemi, ma di nuovo la morsa del traffico non si fece attendere e la Mercedes si trovò bloccata davanti al British Museum per almeno un quarto d’ora. Simon si soffermò a vedere il sole che a sprazzi vinceva la coltre di nembi pesanti e riusciva a illuminare a macchie un marciapiede, un paio di finestre su di un palazzo, la vetrina di un negozio di vestiti dal quale uscivano signore piene di borse con cappotti e pellicce da riporre nell’armadio in attesa delle cene e delle feste snob dell’inverno. In quell’istante dal negozio uscì Jenny, la moglie di Paul, che si diresse troppo velocemente verso la macchina perché lui potesse farsi notare e salutarla, ma il solo vederla gli fece ricordare che si era dimenticato di avvisare Anne della mail, e non era un dettaglio da nulla visto che a sua moglie la donna non stava particolarmente simpatica, in quanto faceva spesso vedere che non aveva grande considerazione di lei, forse a causa del suo passato travagliato. Ancora pensava a sua moglie e alla cena dall’amico quando riuscì a parcheggiare, in doppia fila e con le quattro frecce, davanti all’ingresso dell’università. Sul marciapiede c’era un capannello di persone e tra esse spiccava ben visibile il rosso forte della tinta naturale di capelli di suo nipote Marvin, che a sua volta si accorse della macchina dello zio, salutò gli amici e corse da Simon. “ Ciao zio- urlò aprendo la portiera e sedendosi sistemandosi la camicia- come va?” “ Ciao Marvin. Mah, mi hai fatto perdere il Chelsea, come vuoi che vada?” “ Ah, ieri sera avete vinto con un gol irregolare: era fuorigioco!” “ Non ho visto, mi spiace.” “ Meglio.” “ Allora, come mai in università anche oggi?” “Ero a una conferenza di un mio professore. Si parlava di Tommaso d’Aquino.” “Ah, sì? Ens, unum, verum, bonum, pulchrum convertuntur, giusto?” “No, non era…” “Ah, allora forse” lo interruppe bruscamente Decker “Le cinque vie dell’esistenza di Dio?” “No, ma… Vedo che te ne intendi, zio!” “Be’, sì, qualcosa ho letto…” “Comunque l’argomento era l’antropologia di Tommaso. Ex actu agens, ti dice niente?” “Sì, qualcosa del genere mi ricordo…” “È semplicemente incredibile… Il primo dopo secoli di Neoplatonismo che riesce a pensare l’ani- ma non separata dal corpo, ma unita in un unico essere…” “Sì, sì, sicuramente…” rispose Decker distratto. “Zio, è verde, muoviti!” lo esortò Marvin. Decker dette un’accelerata improvvisa e ripartì. “Mi fa piacere vedere che sei così contento della scelta che hai fatto.” “Esatto. La filosofia è così appassionante, così chiara, così… Be’, non saprei dire che cosa esattamente… Sicuramente è la più alta delle realizzazioni umane, l’edificio più imponente che la ragione umana sia riuscita a costruire…” “Scommetto che questo è tutto merito del tuo professore…” “Oh, sì, il professor Hawking è davvero esauriente e coinvolgente nelle sue spiegazioni!” “Hawking, hai detto? Non ne ho mai sentito parlare…” “Sean Hawking, docente di filosofia… È stato lui a tenere la conferenza sul tomismo di stasera.” “Ho visto molte facce soddisfatte, fuori dall’università… Tutti alla conferenza?” “Direi proprio di sì… Non c’era nessun altro in università oggi. Ma è normale che siano stati tutti contenti. Il professor Hawking può vantare una laurea a Oxford, ed è uno tra i più vivi ammiratori di Tommaso nell’Inghilterra di oggi.” Decker si incuriosì all’argomento. “Stai dicendo sul serio?” “Zio, è il mio idolo… So tutto su di lui...” La macchina di Decker accostò in una piccola via poco lontano da Leicester Square. “Ecco, siamo arrivati…” disse lo zio-autista. “Grazie ancora, zio!” rispose Marvin. Marvin fece per scendere dalla macchina, ma appena mise un piede fuori dalla macchina, Decker lo richiamò. “Ehi, Marvin!” “Sì?” “Vorrei tanto parlare con questo tuo professore… Mi hai messo curiosità.” Marvin lo guardò stupito, poi le sue guance lentigginose si contrassero per il sorriso e l’eccitazio- ne. “Davvero, zio?” “Sì… Visto che ne parli così bene vorrei sentire direttamente da lui queste cose… Ti ho già detto che mi interessano.” “Ma come…” “Prendimi un appuntamento per quando è più comodo il tuo prof. Giusto per una piccola chiacchierata a quattr’occhi tra noi due…Si può fare?” “OK, lascia fare a me!” esclamò Marvin tutto soddisfatto. “Grazie mille. Ci vediamo!” “ Ehi, zio…” “ Sì?” “ Due biglietti per Chelsea- Manchester ti interessano?” “ Oh, mi toccherà consolarti di nuovo anche quest’anno?” Marvin fece una smorfia: “ Vedremo! Ci sei allora?” “ Contaci! Verrò e farò festa!” Il giovane salutò con un gesto della mano, ridendo, e poi si avviò di nuovo verso Charing Cross Road. Quando al primo semaforo Simon dovette fermarsi, appoggiò la testa contro il finestrino, un po’ stanco, e osservò il cielo. “Stasera sarà di nuovo nuvoloso… Peccato.” In quel momento squillò il cellulare. Decker si mise l’auricolare nell’orecchio destro e accettò la chiamata. “ Simon sono io.Puoi passare per favore un attimo in farmacia a prendere degli integratori? Mi sento di nuovo stanchissima!” “ D’accordo, passerò. Ah, aspetta a riattaccare, ti spiego bene a casa, ma domani siamo a cena da Paul…Mi sono dimenticato di dirtelo ieri?” “ C’è anche Jenny?” “ Tranquilla, non è stata invitata!” “ Dai non fare sempre lo scemo! C’è o no? Seriamente!” Decker rise e decise poi di essere serio: “ Certo che c’è cara, è la moglie! Hanno appena avuto un bambino, ci invitano per festeggiare il suo battesimo.” “ Speriamo che l’essere mamma l’abbia addolcita quella vipera! Dopo mi spiegherai bene e regoleremo i conti.Ciao.” “Cia…ha già attaccato.” Girò la macchina in una vietta facendo inversione e quindi tornò verso la farmacia, prese ciò di cui aveva bisogno e poi fu di nuovo a casa. Appena entrò nell’appartamento numero 12 uno scroscio indicò che fuori aveva di nuovo ricominciato a piovere, stavolta in modo molto più violento della mattina. “ Ah, vado a ritirare le cose stese e poi mi spieghi di Paul e di lei…” Anne uscì sulla terrazza e rientrò con un cesto di vestiti che appoggiò per terra, quasi facendolo cadere, vicino al divano. Era sudata. “ Tutto bene? Sei sudata!” “ Sì, ci sono. E’ solo che ormai mi sembra di far fatica anche a star seduta maledizione!” “ Resisti.Sono gli ultimi giorni e sei stata bravissima.” “ Grazie. Ma dimmi della cena” tagliò lei. “ Bè… Mi è arrivata una mail da Paul che mi ha detto che hanno appena battezzato suo figlio, solo che il pranzo l’ hanno fatto solo coi parenti, mentre volevano vedere noi a cena, per far due cose divise a quanto pare. E’ parecchio che non li vediamo, così gli ho detto di sì.” “ Senza sentire il mio parere…” “ Andiamo, non è la fine del mondo, è una cena!” “ Anche se fosse stata una merenda avresti dovuto chiedermi. Se solo stessi male?” “ Disdiciamo!” “ Che figura ci facciamo?” “ Che c’entra? Adesso è una figuraccia star male? E’ solo per via di Jenny, dillo!” “ Sì, è per lei. Mi guarda come se fossi una sbandata! L’altra volta, quando è arrivato il vino per il brindisi, non mi ha scollato gli occhi di dosso. Controllava quanto ne avrei bevuto! Pensava che mi mettessi a tracannare la bottiglia? Imbecille! Faceva schifo tra l’altro, troppo caldo poi.” “ Non dire fesserie su, lo sa che hai smesso. E’ una tua idea. Però sul vino hai ragione, per quello ho chiesto la Coca!” “ E quando continuava a parlare del passato delle persone? Era chiaro che si riferisse a me! I cambiamenti esteriori che non sempre sono sinceri nell’interiorità etc. Lo diceva guardandomi in modo insistente!” “ Bè, domani sera ci farò più attenzione e se hai ragione ne parlerò con suo marito. Ci mancherebbe che ci mettiamo a giudicare la gente dal suo passato!” “ Fossi un criminale poi…Ero solo in una brutta compagnia.” “ Molto brutta” sorrise lui. “ Ironizzi?” “ Sdrammatizzo. E’ diverso” precisò. “ Mah.” Ci fu una pausa, poi fu lei a riprendere: “ Come sta Marvin?” “ Oh, diventerà un Platone se continua così. Sembra malato della filosofia e del pensare,un pazzo!” “ O un genio.” “ Bè, anch’io lavoro come un filosofo per certi aspetti: il mio scopo è ricostruire gli eventi, trovare con la logica il perché delle cose secondo catene di causa-effetto e cercare le prove che supportino la tesi e che non possano essere contraddette. Che fa un filosofo se non formulare tesi partendo da indizi che ha già nel mondo terreno cercando la verità inconfutabile?” “ Mmm…Mi sorprendi con questo paragone. Niente male! Che sia anche tu un genio?” “ Vuoi fregare la lampada?” chiese inarcando in avanti il bacino. “ Simon! Tu sei un vero cretino!” L’uomo scoppiò a ridere e così anche la moglie. Passarono diversi minuti, nessuno riusciva a fermarsi, finchè, tra i singhiozzi, fu lui a interrompere la pausa. “Comunque, torniamo al punto: che facciamo per la cena?” “ Che vuoi fare? Andiamo!” “ Bene.” “ Oddio…” Anne fece una smorfia terrorizzata. “ Che c’è cara?” “ Cosa mi metto con questa pancia?” Simon scosse la testa e andò a scaldare la cena.
11 febbraio 2003
La sera dopo tutti erano pronti in orario per partire verso casa di Paul, che era a mezz’ora di strada dalla National Gallery, quando Anne si fermò un attimo sul ballatoio, appoggiandosi al corrimano e portandosi una mano sul ventre. “ Che c’è tesoro?” “ No, non preoccuparti, mi sa che si è girato…” “ Aspetta un attimo a muoverti- disse lui, vedendo che lei già faceva per riprendere a scendere le scale- o prendi l’ascensore.” “ Simon…sai che ho paura da quella volta che si è bloccato!” “ Bè, non si bloccherà sempre!” “ Mi spiace, non lo prendo. Mi siedo qui due minuti sui gradini, poi andiamo. Avvisa un attimo che ritardiamo casomai.” “ Non ce n’è bisogno, è presto, mancano quaranta minuti.” Poco dopo la signora Decker si alzò con l’aiuto del marito e assieme scesero le scale, lentamente, quando furono fermate dal portinaio, il signor Crew, un ometto basso e calvo sulla sessantina. “ Come sta signora? La vedo stanca, se non si offende…” “ Quale offesa, si figuri. In effetti, ultimamente mi arrivano molte fitte, ma un paio di settimane ancora e dovrebbe finire tutto spero.” “ Tanti auguri allora! Non vedo l’ora di appendere un bel fiocco all’ingresso. Lo volete blu o rosa?” “ Ah, sappiamo già, sarà blu.” “ E come lo chiamate?” “ Bella domanda, chieda a lui, che non vuol decidersi a pensare il nome!” “ Oh, tocca a entrambi. E adesso, scusi, ma abbiamo una cena e siamo in ritardo! Saluti!” “ A voi signori. Buona serata.” Il portinaio aprì il cancello elettrico e guardò bene che la Mercedes fu uscita prima di richiuderlo, accertandosi che non fosse entrato nessuno. L’orologio a muro segnava le sette e venti di sera. Come previsto i due invitati arrivarono in perfetto orario alla villetta a due piani del loro amico. La casa era abbastanza tipica del quartiere, con un giardinetto non recintato sul davanti tagliato in due da un vialetto di ghiaia bianca finissima che conduceva sul retro, dove c’era il box e un piccolo orto, stavolta chiuso da una staccionata di legno. Nell’orto si ergevano alti e ormai spogli un albero di ciliegie e un prugno che avevano almeno una ventina d’anni. Al ciliegio era appesa un’altalena di plastica rossa che sicuramente avrebbe divertito non poco il bambino appena battezzato. Non trovando posteggio lì attorno Simon fece scendere sua moglie a citofonare. “ Speriamo non risponda la simpaticona…” Disse sbuffando. Dall’auto Decker vide sua moglie premere il pulsante del citofono e quasi in contemporanea la porta d’ingresso che si apriva: Paul, come sempre elegantissimo in giacca e pantaloni neri, camicia bianca e cravatta rossa, corse incontro alla donna salutandola. Con un gesto lei indicò la Mercedes, e allora l’uomo sorrise verso la macchina e si avvicinò velocemente. Simon restò a bordo, poiché ancora non aveva spento il motore ed era in fermata in doppia fila con le quattro frecce. “ Ehi vecchio mio! Che ci fai ancora qui in strada?” “ Non c’è posto per l’auto, chiedevo se potevo…” “ Certo!- lo interruppe l’amico- Portala dentro e lasciala davanti al box, tanto non dobbiamo uscire noi.” “ Ok grazie.Parcheggio e arrivo.” Mentre Decker parcheggiava, sua moglie fu portata, suo malgrado, in casa a salutare Jenny. La donna apparve subito radiosa, vestita con un completo rosso sgargiante e con delle scarpe basse nere e lucidissime. “ Anne! Come stai?” Urlò stringendola poi in un forte abbraccio e stampandole due grossi baci sulle guance che le lasciarono degli aloni di rossetto. Anne si ripulì in fretta il viso e sorrise amabilmente alla moglie del loro amico: “ Insomma, come avrai notato sono quasi alla fine della gravidanza, e inizio ad avere sempre più momenti di debolezza, più dolori e …Più fame”, ammise con un sorriso. “ Oh, è normale.Vedrai che poi l’ago della bilancia torna a segnare cifre ragionevoli!” “ Meno male, anche se sai la causa del peso leggere certi valori è un po’ da paranoia! Se il medico non mi obbligasse a pesarmi avrei già lucchettato la bilancia in un armadietto.” “ Vero! Oh, ecco i nostri uomini.” Simon e Paul infatti stavano rientrando con una confezione di birre da sei dalla porta che conduceva giù nella cantina della villetta. “ Ehi, senza birra voi non vivete vero?” “ Ah, hai mai visto un uomo vero che non beve birra?” Le donne scossero la testa e finalmente Anne si ricordò del motivo per cui erano lì: “ Ehi, e il bambino? Sono curiosa di vederlo!” Dalla stanza accanto, all’improvviso, si sentì un colpo di tosse e poi un vagito. “ Oh, venite, andiamo a vedere cos’ ha.” La donna prese i cappotti degli ospiti e li condusse nella camera accanto al corridoio del salotto. Era una cameretta abbastanza piccola, ma molto colorata e accogliente: alle pareti arancioni erano appesi alcuni disegni di personaggi dei Looney Tunes, da Duffy Duck a Bugs Bunny, mentre sopra la culla di legno bianco pendevano dei sonagli con disegnati i pianeti che ruotavano attorno a un sole sorridente. Il neonato si stava agitando in un ammasso di copertine blu e piangeva mordendosi la mano destra che era madida di saliva. Era davvero bello, con due occhi azzurri che spiccavano su un faccione roseo e paonazzo per lo sforzo del pianto e per le lacrime che scendevano fino al mento e sui capelli ricci scurissimi. Assomigliava molto a Paul, ma aveva un accenno di zigomi sporgenti come Jenny. “ Oh, è davvero un bel bambino! Come si chiama?” “ Thomas - rispose il padre- come mio nonno. Ehi piccolo, vieni da papà.” Con forza il piccolo fu preso in braccio assieme alla copertina che lo riparava dal freddo. “ Tesoro, per forza tossisce. Hai di nuovo lasciato la finestra aperta!” “ Lo sai che deve cambiare l’aria, mica può vivere nello stantio.” “ Andiamo di là dai” disse spegnendo la luce. “ Vi piace la cameretta?” “ E’ molto accogliente sì,bella davvero” si complimentarono tornando in salotto. “ Grazie mille. A tavola adesso, dai.” “ Bene, è tanto che non assaggi il polpettone di mia moglie, vero Simon?” “ Oddio, me lo ricordo bene, ho già la bava alla bocca!” “ Vieni, accomodati.” “ Certo, guardo solo se ho lasciato il cellulare nella giacca e arrivo.” “ Sono nell’armadio in corridoio.Quello bianco” urlò Jenny. Le due donne e Paul iniziarono a servirsi il polpettone e le patate al forno, quando, poco dopo, furono raggiunti da Simon. L’uomo aveva una faccia perplessa. “ Che c’è caro?” “ No niente. Ho una chiamata persa e mi pare di riconoscere il numero, ma da quando mi si è smemorizzata la scheda ho perso alcuni nomi e non so più andare a riprendere chi sia.” “ Vuoi provare a dirmelo? Magari è qualche parente” suggerì sua moglie. “ No, dopo dai.” “ E se è il lavoro?” “ No, non può essere. Ho i numeri di tutti. Avranno sbagliato, capita anche coi cellulari ormai!” Simon prese un boccone di polpettone e si bloccò di colpo: “ Dio Jenny, è favoloso! Se aprissi un ristorante che dovesse fare solo questo piatto avresti comunque gente tutte le sere!” “ Stai dicendo anche che so fare solo il polpettone?” “ Oh, no di certo! Anche le patate!” La cena continuò serena per una mezz’ora buona e si parlò del futuro bambino di Anne, ancora senza nome , del battesimo di Thomas e di alcune gag successe tra gli invitati e di lavoro. “ Ehi, sono le nove!” Notò Paul. “ E’ ora del dolce direi, abbiamo un ottima torta di mele e ricotta. Specialità della casa.” “ Già” s’intromise Jenny. “ E’ una ricetta di mia nonna, aveva una pasticceria ed era specializzata in torte.Questa era la miglior torta di mele e ricotta del paese. Bè, come la faceva lei almeno!” La donna sparì in cucina e tornò poco dopo con un grosso vassoio su cui era posata una torta alta guarnita con fettine di mela e crema pasticcera. “ Che delizia Jenny, dovrai insegnarmi qualche trucco!” La donna stava per rispondere quando il cellulare di Simon squillò di nuovo. “ Lasciate stare, continuiamo pure a mangiare.Questa meraviglia di torta prima di tutto!” Iniziarono il dolce che il telefono aveva fatto due squilli e quando Paul era quasi a metà della sua fetta l’apparecchio suonava ancora. “ Ma chi è che insiste così?” “ Rispondi pure, disturba più il suono che tutto” scherzò Jenny con una nota di acido che Anne non potè non notare, seppure quella sera la donna fosse stata davvero gentile e amichevole. Simon si allontanò dalla tavola e si sedette sul divano, quindi rispose. Dal telefono suonò una voce grave che Decker riconobbe all’istante: “ Commissario Murton?” “Sono io detective Decker!” “Non è il suo numero questo, vero?” “No, ho in prestito il telefono di un agente perché il mio è scarico. Quanto ci ha messo a rispondere?” “ Perché non sapevo fosse lei! Chi è morto?” Murton si zittì, stupito. “Cosa sai di già che noi non sappiamo?” “ Niente commissario, ma lei ansima e c’è stato un momento in cui la sua voce è calata improvvisamente di intensità, segno che ha cambiato mano con cui teneva il cellulare perché sta sudando, e in più sento la sirena dell’autovettura accesa che indica che avete fretta, ma lei ha sussurrato al guidatore di rallentare, poiché probabilmente si sente poco bene. Se lei suda, ha fretta e ha un nodo allo stomaco, è perché c’è una vittima nel caso che è chiamato a risolvere.” “Sono sbalordito, ma noto anche che non hai perso le tue doti deduttive nonostante l’astinenza… Comunque sì- disse dopo una breve pausa- c’è stato un delitto.Dove sei?” “ A mangiare la torta di mele e ricotta della moglie di Paul, sai chi è vero?” “ Oh sì, allora non sei distante. Vieni appena puoi per favore! Vai a Piccadilly Circus, ti vengo a prendere e andiamo sul posto. L’omicidio è avvenuto in un palazzo a Jermyn Street.” “ D’accordo, vengo. Vuoi una fetta di torta? Ah, già, lo stomaco…” Simon riattaccò e si fece subito scuro in viso. Ancora una volta il lavoro sottraeva tempo alla sua vita privata e ancora una volta lo strappava via da amici e parenti nei momenti cruciali, costringendolo a castelli di scuse sempre meno accettate. Appena il detective riapparve in cucina, con il viso teso e il telefono in mano, sbuffando, sua moglie lo guardò di traverso e con gesto di stizza posò con forza il cucchiaio di torta che stava per mangiare. “ Dillo, avanti, è il commissario, non posso mancare, è un caso difficile, c’è un emergenza…” “ Amore, devo andare, è vero.Mi spiace Paul, Jenny…Sono desolato, c’è stato un omicidio vicino a Piccadilly.” Paul tacque, quindi sbuffò e parlò con voce seria: “ Vai pure Simon.E’ il tuo lavoro e so che non puoi non andare,c’è di mezzo una persona morta ed è una cosa orribile. Và e fa giustizia.” “ Torneremo a invitarvi, non ti preoccupare per noi. Tu resti Anne?” “ Io sì, se la cosa non vi dispiace.” “ Stai scherzando? Resta pure quanto vuoi!” “ D’accordo.Mi dispiace tantissimo, ma devo salutarvi.Buona serata a tutti.Ciao tesoro” disse baciando la moglie, quindi prese la giacca e uscì. Poco dopo si sentì la Mercedes allontanarsi rapidamente dalla villa.
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